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mentalita' dell'atleta vincente
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mentalita' dell'atleta vincente
Psico-neuro-fisiologia dell’agonista di vertice
Da sempre ci si è chiesto quali siano i processi e in che modo scatti la scintilla che fa di qualsiasi atleta un campione. Con una certa deferenza e con indiscussa ammirazione, prendiamo in considerazione i grandi miti di questo sport, da Scott ad Arnold, da Haney a Yates e non ultimo Coleman. Pur intuendo in loro un fortunato status genetico, ci sembra giusto collocarli come uomini sul piano della genialità. Grandi innovatori del nostro sport, per quanto umanamente comprensibili sono stati sempre valutati in una veste di rarità facenti parte di una ristretta “elite”, in cui emerge la consapevolezza di raggiungere il massimo della performance.
Senza avere la pretesa di fornire un contributo tecnicamente preciso su un tema così specialistico, quale l’analisi delle componenti cerebrali che sono collegate alla massimalizzazione del gesto atletico, iniziamo il nostro lavoro con un indispensabile riferimento di carattere neuro-fisiologico.
Dal punto di vista evoluzionistico la corteccia neo-cerebrale è la parte più evoluta dell’intero cervello umano.
Le basi fisiologiche delle capacità dell’atleta sono riscontrabili nella plasticità che detta corteccia neo-cerebrale ha ormai sperimentalmente dimostrato di possedere.
Si è appurato, infatti, che dalle continue stimolazioni che il cervello, o sistema encefalico, riceve dall’ambiente si originano dei complessi processi di apprendimento, i quali superano le risposte geneticamente fissate nei neuroni e aprono nuovi circuiti cerebrali, che consentono a loro volta di modificare l’ambiente. In altri termini, il sistema encefalico e l’ambiente esterno risultano essere due sistemi in collegamento, in un processo di reciproca influenzabilità. Per rispondere agli imprevedibili e mutevoli stimoli ambiente e adattarsi ad essi, il sistema encefalico e più in particolare, la neo-corteccia ha la possibilità di attivare nuovi circuiti cerebrali, superando la rigidità delle strutture geneticamente impostate, i quali comportano una vera e propria modificazione delle strutture cerebrali stesse.
Qualsiasi strumento, da quello meno evoluto alla parola, dal bilanciere alla macchina con contrappesi, una volta utilizzato diviene anche fonte di modificazione encefalica, per mezzo della sperimentazione e successiva stabilizzazione di quelli che abbiamo definito nuovi circuiti cerebrali. In sostanza l’esperienza modifica il cervello.
Scendendo un po’ più nel dettaglio l’allenamento avanzato comporta delle mutazioni biologiche stabilendo e stabilizzando nuove connessioni interneuroniche che portano alla formazione di sottosistemi cerebrali che si manifestano con funzioni innovative. In questo modo il processo che si instaura durante un allenamento produttivo in cui i fattori principali (intensità, volume, reclutamento ecc.) sono al massimo della resa, si evidenza come un meccanismo psichico, uno strumento mentale per consentire l’adattamento ad una realtà complessa e mutevole di un organismo altrettanto complesso e mutevole.
Le motivazioni
Quelle che spingono l’agonista alla ricerca della massima performance sono numerose e complesse, ma sicuramente identificabili. Innanzitutto una motivazione di base si instaura nel momento in cui l’atleta prende cura della propria salute fisica e del benessere mentale. I “workout” specialistici ed una equilibrata alimentazione contribuiscono, da un lato a mantenere la forma fisica ideale e mentale, dall’altro a sostenere la costruzione del corpo come input ipertrofico e tenore psichico (il cosiddetto condizionamento mente-muscolo, il feedback, il training autogeno, le strategie di coping-processor).
Ma quando l’atleta utilizza la propria forma psico-fisica per mettersi a confronto con gli altri, in specialità singola o di squadra, qual’è lo stimolo che determina “il puro agonismo”?
Le motivazioni interiori possono essere molteplici e indipendenti. L’agonista in sostanza gareggia per:
• il desiderio di verificare il proprio stato di “tenuta” e “forma” psico-fisica. Assetto dietetico, programmazione negli allenamenti, uniti ad una integrazione ottimale ed al riposo indispensabile per i miglioramenti, sono alla base di una “peack-condition” che può essere verificata solo “in competizioni” con altri e questo determina lo spirito agonistico del soggetto-atleta che sente il bisogno di confrontarsi con i propri simili.
Si tratta di una forma di “rassicurazione intima” che conferisce sicurezza ed equilibrio interiore, una sorta di autorealizzazione finale che porta anche a predisporre l’individuo verso mete future, allargando la consapevolezza spirituale su di un’area sempre più vasta.
• Raggiungere determinati obiettivi. La forza di volontà indotta dalla progressione dei risultati e dalla vittoria conseguita che iper-stimola l’atleta a competere prima con se stesso e poi con gli altri, evidenziando le doti di autostima, sicurezza ed autorevolezza del proprio IO, sviluppo della personalità interiore e miglioramento dei rapporti interpersonali e sociali.
• L’appagamento del premio in denaro, il riconoscimento o la semplice ma importante medaglie. Il raggiungere queste mete costituisce il completamento della sfida.
• L’impulso a distinguersi dalla massa, a lasciare un segno perenne nell’ambito del proprio sport. In un’epoca in cui a vari livelli vige un’appiattimento generalizzato, il poter inserire il proprio nome nell’albo d’oro di un record o di una performance sportiva straordinaria costituisce per un’atleta motivo di distinzione e di giusto orgoglio.
• La spinta interna a migliorarsi , ad osare, a tirar fuori il meglio di sé, che è tipico del genoma umano. Se nel campo della conoscenza l’uomo si è enormemente emancipato rispetto ai tempi passati, anche nel campo delle “virtute” intese come coraggio, azione, capacità di addestramento psicofisico, ha compiuto e compie enorme progressi, aiutato dalla scienza medica e dalle ricerca, che spinge l’uomo a scoprire nuove frontiere.
Il soggetto con “una spinta in più” si presenterebbe con queste caratteristiche:
• più svincolato da stimoli immediati quindi più posato e riflessivo (classico atteggiamento riscontrabile
nel workout del campione rispetto al principiante);
• con atteggiamento aperto verso l’ambiente, con una certa sensibilità e orientamento ad affrontare i problemi e una certa tendenza ad “andare oltre”, lasciandosi attrarre da ciò che è ignoto (l’ipertrofia e la qualità muscolare con tutti i risvolti connessi);
• tendente ad affrontare il rischio senza essere intimorito a viverne le conseguenze (tipico di chi utilizza l’integrazione chimica);
• maggiore originalità e flessibilità mentali;
• fluidità e adattabilità di carattere, accompagnate però da un certo anticonformismo e una buona dose di aggressività.
Rispetto al passato la psicologia sportiva è cambiata, nell’era moderna è importante vincere, lo è per se stessi come propria affermazione fisica e come iter psicologico per una successiva autostima, conseguenza della propria imposizione-competizione; lo è per gli sponsor che si legano sempre più spesso all’atleta vincente.
Ma come percepisce una seduta di allenamento produttivo un agonista vincente rispetto al principiante?
Per cercare una risposta che si avvicini molto alla condizione evoluta dell’atleta di vertice prendiamo alcuni spunti di studi fatti da emeriti scienziati come Wallas e Gerard che hanno schematizzato le fasi fondamentali dei processi creativi scientifici:
1° preparazione al workout con la percezione di tutti i problemi connessi alla seduta di allenamento (ambiente condizionamento, stato d’animo, carico energetico ecc);
2° incubazione: sedimentazione dei problemi connessi al workout e spinta verso la risoluzione;
3° illuminazione: cristallizzazione delle idee e massima produttività in ogni passo dell’allenamento;
4° verifica: valutazione e confronto con altri e maggiormente con se stessi per la convalida ed il buon
esito della performance giornaliera.
L’agonismo
E’ una motivazione primaria riferita allo sport. Con esso l’individuo risponde alla propria esigenza di misurarsi con la natura, il suo prossimo e soprattutto se stesso ed il proprio Ego nella continua ricerca di situazioni d’esame il cui superamento provoca nell’essere umano una sensazione rassicurante di grande valore.
L’agonismo è un comportamento che nasce dal bisogno intrinseco di affermazione ed autorealizzazione proprio dell’individuo ed è uno dei metodi fondamentali per acquisire identità e stabilità a livello psichico, evitando l’insorgere di una sterilità mentale. La forza vitale che lo contraddistingue è l’aggressività, utilizzata in forma costruttiva.
Nel continuo confronto con i propri simili e con la realtà circostante, il soggetto matura la capacità di raggiungere attraverso lo sport, la sicurezza necessaria a dominare quel senso innato e insopprimibile di disagio a livello sociale, lavorativo, ambientale che è presente in una gran parte del genere umano.
L’uso del potenziale aggressivo nell’agonismo evidenzia da un lato la grande duttilità dell’energia istintiva e dall’altro l’inseribilità in atteggiamenti controllati ed indirizzati dalla struttura psichica.
Obiettivi e strategie vincenti
La ricerca scientifica in quanto espressione organizzata in termini collettivi dei processi mentali, utilizza due percorsi di pensiero: quello convergente, che definisce, conclude, sanziona e quello divergente, che apre, stimola e avvia.
Come è possibile generare la ricerca scientifica su due vere e proprie modalità, cosi il workout specialistico può essere impostato seguendo due criteri di fondamentale importanza:
• modalità apollinea, che tende a seguire linee prestabilite per giungere ad un risultato programmatico. Si concretizza in questo modo l’allenamento pianificato, programmato all’interno di un campo di riferimento o sistema.
• Modalità dionisica, che fà maggiormente affidamento all’intuizione e all’istinto e, quando riesce ad ottenere risultati concreti, apre nuove ed inattese strade. Si realizza in questo modo il workout di tipo esplorativo guidato dall’istinto, ma sempre supportato da rigori scientifici, che non può essere in grado di prevedere cosa otterrà, ponendo l’arduo compito di sviluppare un nuovo e originale modello di allenamento personalizzato nella forma e nella mente.
Entrambi i criteri rappresentano due facce del medesimo territorio, due forme della medesima sostanza e, lungi dal presentarsi inconciliabili, possono trovare il massimo dalla reciproca stimolazione, così come avviene nell’atleta d’elite che utilizza la sommatoria congruente di ogni singolo metodo per rendere produttivo il workout.
"non posso citare la fonte in quanto non la conosco "
Da sempre ci si è chiesto quali siano i processi e in che modo scatti la scintilla che fa di qualsiasi atleta un campione. Con una certa deferenza e con indiscussa ammirazione, prendiamo in considerazione i grandi miti di questo sport, da Scott ad Arnold, da Haney a Yates e non ultimo Coleman. Pur intuendo in loro un fortunato status genetico, ci sembra giusto collocarli come uomini sul piano della genialità. Grandi innovatori del nostro sport, per quanto umanamente comprensibili sono stati sempre valutati in una veste di rarità facenti parte di una ristretta “elite”, in cui emerge la consapevolezza di raggiungere il massimo della performance.
Senza avere la pretesa di fornire un contributo tecnicamente preciso su un tema così specialistico, quale l’analisi delle componenti cerebrali che sono collegate alla massimalizzazione del gesto atletico, iniziamo il nostro lavoro con un indispensabile riferimento di carattere neuro-fisiologico.
Dal punto di vista evoluzionistico la corteccia neo-cerebrale è la parte più evoluta dell’intero cervello umano.
Le basi fisiologiche delle capacità dell’atleta sono riscontrabili nella plasticità che detta corteccia neo-cerebrale ha ormai sperimentalmente dimostrato di possedere.
Si è appurato, infatti, che dalle continue stimolazioni che il cervello, o sistema encefalico, riceve dall’ambiente si originano dei complessi processi di apprendimento, i quali superano le risposte geneticamente fissate nei neuroni e aprono nuovi circuiti cerebrali, che consentono a loro volta di modificare l’ambiente. In altri termini, il sistema encefalico e l’ambiente esterno risultano essere due sistemi in collegamento, in un processo di reciproca influenzabilità. Per rispondere agli imprevedibili e mutevoli stimoli ambiente e adattarsi ad essi, il sistema encefalico e più in particolare, la neo-corteccia ha la possibilità di attivare nuovi circuiti cerebrali, superando la rigidità delle strutture geneticamente impostate, i quali comportano una vera e propria modificazione delle strutture cerebrali stesse.
Qualsiasi strumento, da quello meno evoluto alla parola, dal bilanciere alla macchina con contrappesi, una volta utilizzato diviene anche fonte di modificazione encefalica, per mezzo della sperimentazione e successiva stabilizzazione di quelli che abbiamo definito nuovi circuiti cerebrali. In sostanza l’esperienza modifica il cervello.
Scendendo un po’ più nel dettaglio l’allenamento avanzato comporta delle mutazioni biologiche stabilendo e stabilizzando nuove connessioni interneuroniche che portano alla formazione di sottosistemi cerebrali che si manifestano con funzioni innovative. In questo modo il processo che si instaura durante un allenamento produttivo in cui i fattori principali (intensità, volume, reclutamento ecc.) sono al massimo della resa, si evidenza come un meccanismo psichico, uno strumento mentale per consentire l’adattamento ad una realtà complessa e mutevole di un organismo altrettanto complesso e mutevole.
Le motivazioni
Quelle che spingono l’agonista alla ricerca della massima performance sono numerose e complesse, ma sicuramente identificabili. Innanzitutto una motivazione di base si instaura nel momento in cui l’atleta prende cura della propria salute fisica e del benessere mentale. I “workout” specialistici ed una equilibrata alimentazione contribuiscono, da un lato a mantenere la forma fisica ideale e mentale, dall’altro a sostenere la costruzione del corpo come input ipertrofico e tenore psichico (il cosiddetto condizionamento mente-muscolo, il feedback, il training autogeno, le strategie di coping-processor).
Ma quando l’atleta utilizza la propria forma psico-fisica per mettersi a confronto con gli altri, in specialità singola o di squadra, qual’è lo stimolo che determina “il puro agonismo”?
Le motivazioni interiori possono essere molteplici e indipendenti. L’agonista in sostanza gareggia per:
• il desiderio di verificare il proprio stato di “tenuta” e “forma” psico-fisica. Assetto dietetico, programmazione negli allenamenti, uniti ad una integrazione ottimale ed al riposo indispensabile per i miglioramenti, sono alla base di una “peack-condition” che può essere verificata solo “in competizioni” con altri e questo determina lo spirito agonistico del soggetto-atleta che sente il bisogno di confrontarsi con i propri simili.
Si tratta di una forma di “rassicurazione intima” che conferisce sicurezza ed equilibrio interiore, una sorta di autorealizzazione finale che porta anche a predisporre l’individuo verso mete future, allargando la consapevolezza spirituale su di un’area sempre più vasta.
• Raggiungere determinati obiettivi. La forza di volontà indotta dalla progressione dei risultati e dalla vittoria conseguita che iper-stimola l’atleta a competere prima con se stesso e poi con gli altri, evidenziando le doti di autostima, sicurezza ed autorevolezza del proprio IO, sviluppo della personalità interiore e miglioramento dei rapporti interpersonali e sociali.
• L’appagamento del premio in denaro, il riconoscimento o la semplice ma importante medaglie. Il raggiungere queste mete costituisce il completamento della sfida.
• L’impulso a distinguersi dalla massa, a lasciare un segno perenne nell’ambito del proprio sport. In un’epoca in cui a vari livelli vige un’appiattimento generalizzato, il poter inserire il proprio nome nell’albo d’oro di un record o di una performance sportiva straordinaria costituisce per un’atleta motivo di distinzione e di giusto orgoglio.
• La spinta interna a migliorarsi , ad osare, a tirar fuori il meglio di sé, che è tipico del genoma umano. Se nel campo della conoscenza l’uomo si è enormemente emancipato rispetto ai tempi passati, anche nel campo delle “virtute” intese come coraggio, azione, capacità di addestramento psicofisico, ha compiuto e compie enorme progressi, aiutato dalla scienza medica e dalle ricerca, che spinge l’uomo a scoprire nuove frontiere.
Il soggetto con “una spinta in più” si presenterebbe con queste caratteristiche:
• più svincolato da stimoli immediati quindi più posato e riflessivo (classico atteggiamento riscontrabile
nel workout del campione rispetto al principiante);
• con atteggiamento aperto verso l’ambiente, con una certa sensibilità e orientamento ad affrontare i problemi e una certa tendenza ad “andare oltre”, lasciandosi attrarre da ciò che è ignoto (l’ipertrofia e la qualità muscolare con tutti i risvolti connessi);
• tendente ad affrontare il rischio senza essere intimorito a viverne le conseguenze (tipico di chi utilizza l’integrazione chimica);
• maggiore originalità e flessibilità mentali;
• fluidità e adattabilità di carattere, accompagnate però da un certo anticonformismo e una buona dose di aggressività.
Rispetto al passato la psicologia sportiva è cambiata, nell’era moderna è importante vincere, lo è per se stessi come propria affermazione fisica e come iter psicologico per una successiva autostima, conseguenza della propria imposizione-competizione; lo è per gli sponsor che si legano sempre più spesso all’atleta vincente.
Ma come percepisce una seduta di allenamento produttivo un agonista vincente rispetto al principiante?
Per cercare una risposta che si avvicini molto alla condizione evoluta dell’atleta di vertice prendiamo alcuni spunti di studi fatti da emeriti scienziati come Wallas e Gerard che hanno schematizzato le fasi fondamentali dei processi creativi scientifici:
1° preparazione al workout con la percezione di tutti i problemi connessi alla seduta di allenamento (ambiente condizionamento, stato d’animo, carico energetico ecc);
2° incubazione: sedimentazione dei problemi connessi al workout e spinta verso la risoluzione;
3° illuminazione: cristallizzazione delle idee e massima produttività in ogni passo dell’allenamento;
4° verifica: valutazione e confronto con altri e maggiormente con se stessi per la convalida ed il buon
esito della performance giornaliera.
L’agonismo
E’ una motivazione primaria riferita allo sport. Con esso l’individuo risponde alla propria esigenza di misurarsi con la natura, il suo prossimo e soprattutto se stesso ed il proprio Ego nella continua ricerca di situazioni d’esame il cui superamento provoca nell’essere umano una sensazione rassicurante di grande valore.
L’agonismo è un comportamento che nasce dal bisogno intrinseco di affermazione ed autorealizzazione proprio dell’individuo ed è uno dei metodi fondamentali per acquisire identità e stabilità a livello psichico, evitando l’insorgere di una sterilità mentale. La forza vitale che lo contraddistingue è l’aggressività, utilizzata in forma costruttiva.
Nel continuo confronto con i propri simili e con la realtà circostante, il soggetto matura la capacità di raggiungere attraverso lo sport, la sicurezza necessaria a dominare quel senso innato e insopprimibile di disagio a livello sociale, lavorativo, ambientale che è presente in una gran parte del genere umano.
L’uso del potenziale aggressivo nell’agonismo evidenzia da un lato la grande duttilità dell’energia istintiva e dall’altro l’inseribilità in atteggiamenti controllati ed indirizzati dalla struttura psichica.
Obiettivi e strategie vincenti
La ricerca scientifica in quanto espressione organizzata in termini collettivi dei processi mentali, utilizza due percorsi di pensiero: quello convergente, che definisce, conclude, sanziona e quello divergente, che apre, stimola e avvia.
Come è possibile generare la ricerca scientifica su due vere e proprie modalità, cosi il workout specialistico può essere impostato seguendo due criteri di fondamentale importanza:
• modalità apollinea, che tende a seguire linee prestabilite per giungere ad un risultato programmatico. Si concretizza in questo modo l’allenamento pianificato, programmato all’interno di un campo di riferimento o sistema.
• Modalità dionisica, che fà maggiormente affidamento all’intuizione e all’istinto e, quando riesce ad ottenere risultati concreti, apre nuove ed inattese strade. Si realizza in questo modo il workout di tipo esplorativo guidato dall’istinto, ma sempre supportato da rigori scientifici, che non può essere in grado di prevedere cosa otterrà, ponendo l’arduo compito di sviluppare un nuovo e originale modello di allenamento personalizzato nella forma e nella mente.
Entrambi i criteri rappresentano due facce del medesimo territorio, due forme della medesima sostanza e, lungi dal presentarsi inconciliabili, possono trovare il massimo dalla reciproca stimolazione, così come avviene nell’atleta d’elite che utilizza la sommatoria congruente di ogni singolo metodo per rendere produttivo il workout.
"non posso citare la fonte in quanto non la conosco "
gio'rock- Amatore
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Località : regno degli elfi
Re: mentalita' dell'atleta vincente
E' la mente che fa la differenza: tutto parte da lì.
La motivazione, la voglia di andare avanti, di perfezionarsi, di imparare il più possibile, di studiare gli "avversari" e carpirne i segreti. Non di meno è importante la motivazione, la capacità di estraniarsi da tutto ciò che ci allontana dal nostro obiettivo (dolore e bruciore muscolare durante l'allenamento, impegni extra che non ci permetterebbero di allenarci, riposarci, alimentarci o di compiere azioni specifiche per il raggiungimento del traguardo.
I muscoli si contraggono grazie all'impulso che parte dal cervello, la forza di contrazione e la resistenza all'esercizio partono prima di tutto dalla mente ed è importantissimo approcciarsi ad uno sport con la mentalità giusta ancor prima di pensare all'allenamento specifico.
La motivazione, la voglia di andare avanti, di perfezionarsi, di imparare il più possibile, di studiare gli "avversari" e carpirne i segreti. Non di meno è importante la motivazione, la capacità di estraniarsi da tutto ciò che ci allontana dal nostro obiettivo (dolore e bruciore muscolare durante l'allenamento, impegni extra che non ci permetterebbero di allenarci, riposarci, alimentarci o di compiere azioni specifiche per il raggiungimento del traguardo.
I muscoli si contraggono grazie all'impulso che parte dal cervello, la forza di contrazione e la resistenza all'esercizio partono prima di tutto dalla mente ed è importantissimo approcciarsi ad uno sport con la mentalità giusta ancor prima di pensare all'allenamento specifico.
Re: mentalita' dell'atleta vincente
anche noi che non siamo "atleti d'elite' " se non ci poniamo obbiettivi non avremo mai una meta da raggiungere
gio'rock- Amatore
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Re: mentalita' dell'atleta vincente
E soprattutto se non abbiamo la voglia di raggiungerli
Ultima modifica di Conan il Mar Lug 03, 2012 6:01 am - modificato 1 volta.
Re: mentalita' dell'atleta vincente
E soprattutto se non abbiamo la voglia di raggingerli
a tal punto stiamocene a casa
gio'rock- Amatore
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Re: mentalita' dell'atleta vincente
gio'rock ha scritto: a tal punto stiamocene a casa
A tal punto la mia firma capita a fagiolo
Re: mentalita' dell'atleta vincente
l'inferno ....la mia seconda casa
gio'rock- Amatore
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Re: mentalita' dell'atleta vincente
gio'rock ha scritto:l'inferno ....la mia seconda casa
Allenarsi è come fare una passeggiata nell'inferno (cit.)
Inferno di cui io mi sento padrone (altra cit.)
Re: mentalita' dell'atleta vincente
mi sembri il mio vecchio prof di letteratura
gio'rock- Amatore
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