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La bufala del resveratrolo: il principio anti-age estratto dal vino rosso non è un elisir ma il risultato di una frode scientifica
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La bufala del resveratrolo: il principio anti-age estratto dal vino rosso non è un elisir ma il risultato di una frode scientifica
Anche se diversi commentatori sottolineano che la frode scientifica firmata da Dipak Das (nella foto), direttore del Cardiovascular Research Center dell'Università del Connecticut, è un caso isolato, per il resveratrolo si annunciano tempi duri. Il principio attivo contenuto nel vino rosso oggetto di decine di studi e candidato da più parti al ruolo di: elisir, antinfiammatorio, cardioprotettore ecc., probabilmente da oggi sarà finalmente studiato per quello che è: un antiossidante per certi aspetti benefico, ma privo di virtù miracolose.
La storia inizia nel 2009, quando una segnalazione anonima invita a osservare con attenzione gli studi pubblicati da Dipak Das, fino a quel momento osannato capo della ricerca cardiovascolare dell'ateneo, detentore di numerosi brevetti e in affari con alcune aziende per la commercializzazione dei principi attivi del vino rosso. L'Università coinvolge l'agenzia federale Office of Research Integrity e affida a un analista interno, Kent Morest, lo studio della vicenda.
A tre anni di distanza i risultati dell'inchiesta raccolti in un rapporto lungo addirittura 60.000 pagine, riassunte in un documento (a questo indirizzo: bit.ly/xkyS4A): risultano clamorosi. Nei lavori pubblicati da Das si rilevano almeno 145 frodi grossolane, consistenti per lo più nel taroccamento di foto di gel utilizzati per seguire le proteine nei campioni biologici e in altri fantasiosi inganni. Immediata la reazione dell'ateneo: il portavoce ha annunciato che saranno restituiti 890.000 dollari asseganti al signor Das come sovvenzione per studi sul resveratrolo dal National Heart, Lung and Blood Institute dei National Institutes of Health, e che le pratiche per il licenziamento del ricercatore sono già state avviate.
C'è di più, l'università ha preso contatti con 11 riviste scientifiche (tra le quali il fin qui autorevole Journal of Agriculture and Food Chemistry e Antioxidants & Redox Signalling, della cui commissione scientifica Das era membro) che in passato hanno pubblicato gli studi di Das, invitandole a pubblicare smentite e scuse.
La vicenda, al di là dei singoli aspetti, è per molti versi esemplare di quanto accade sempre più spesso nel mondo della ricerca. La questione è sempre la stessa, in tempi di scarsità di risorse pubbliche e di necessità di ricorrere a fondi privati in misura crescente, un colossale conflitto di interessi sempre più spesso vizia la conduzione delle ricerche e la diffusione dei risultati. Magra consolazione, contemporaneamente la facilità di accesso ai dati sembra accrescere la sensibilità verso la correttezza dei ricercatori, che negli ultimi mesi ha portato ad altri casi clamorosi, come la rivelazione della natura fraudolenta degli studi condotti negli anni ottanta sul ruolo dei vaccini per bambini e l'autismo.
Per quanto riguarda il resveratrolo è opportuno ricordare che gli interessi commerciali sono enormi. Nel 2008 la GlaxoSmithKline ha sborsato 720 milioni di dollari per acquisire Sirtris, una piccola company biotech che lavorava sul resveratrolo, salvo poi abbandonare gli studi a causa dei risultati poco entusiasmanti. Un'altra azienda americana di Las Vegas, la Longevinex, dopo avere apertamente sostenuto la bontà dei risultati ottenuti da Dipak Das, invitandolo in trasmissioni televisive dove il resveratrolo veniva presentato come l'aspirina del terzo millennio. Ci sono poi altre aziende che hanno stabilito partnership commerciali con vari centri di ricerca in previsione di un successo commerciale dato per scontato. A coronare il tutto, solo pochi mesi fa Dipak Das è stato insignito di un prestigioso premio da parte dell'International Association of Cardiologists.
La domanda a questo punto sorge spontanea: com’è possibile che nessuno, e in primo luogo le riviste scientifiche, si sia mai accorto di nulla? Con che criterio il comitato scientifico di una rivista, che non dovrebbe tener conto di interessi commerciali, esamina una ricerca? Come valuta i dati? E come enti governativi quali il National Heart, Lung and Blood Institute o il National Institutes of Health attribuiscono i fondi? La questione sta diventando sempre più pressante a causa del moltiplicarsi di casi che hanno coinvolto ricercatori molto stimati, ed è oggetto di un acceso dibattito sulle principali riviste, che stanno cercando di correre ai ripari per salvaguardare la loro credibilità, loro unica forza.
La soluzione sembra lontana perché spesso gli stessi ricercatori non sono del tutto trasparenti sui finanziamenti ricevuti e sui possibili conflitti di interesse. Nello specifico, vale la pena di ricordare che negli ultimi anni, accanto a studi che tendevano a mettere in luce effetti benefici del resveratrolo, altri hanno posto pesantissimi dubbi sugli effetti benefici che, quando presenti, risultano di modesta entità e sono riscontrabili solo a dosi massicce e potenzialmente non prive di effetti collaterali. Ma questi studi, chissà perché, non hanno ricevuto la stessa pubblicità degli altri, e il resveratrolo è diventato la star delle molecole antietà. Fino a quando un altro principio attivo miracoloso non ne prenderà il posto.
http://www.ilfattoalimentare.it/resveratrolo-frode-antiossidanti.html
La storia inizia nel 2009, quando una segnalazione anonima invita a osservare con attenzione gli studi pubblicati da Dipak Das, fino a quel momento osannato capo della ricerca cardiovascolare dell'ateneo, detentore di numerosi brevetti e in affari con alcune aziende per la commercializzazione dei principi attivi del vino rosso. L'Università coinvolge l'agenzia federale Office of Research Integrity e affida a un analista interno, Kent Morest, lo studio della vicenda.
A tre anni di distanza i risultati dell'inchiesta raccolti in un rapporto lungo addirittura 60.000 pagine, riassunte in un documento (a questo indirizzo: bit.ly/xkyS4A): risultano clamorosi. Nei lavori pubblicati da Das si rilevano almeno 145 frodi grossolane, consistenti per lo più nel taroccamento di foto di gel utilizzati per seguire le proteine nei campioni biologici e in altri fantasiosi inganni. Immediata la reazione dell'ateneo: il portavoce ha annunciato che saranno restituiti 890.000 dollari asseganti al signor Das come sovvenzione per studi sul resveratrolo dal National Heart, Lung and Blood Institute dei National Institutes of Health, e che le pratiche per il licenziamento del ricercatore sono già state avviate.
C'è di più, l'università ha preso contatti con 11 riviste scientifiche (tra le quali il fin qui autorevole Journal of Agriculture and Food Chemistry e Antioxidants & Redox Signalling, della cui commissione scientifica Das era membro) che in passato hanno pubblicato gli studi di Das, invitandole a pubblicare smentite e scuse.
La vicenda, al di là dei singoli aspetti, è per molti versi esemplare di quanto accade sempre più spesso nel mondo della ricerca. La questione è sempre la stessa, in tempi di scarsità di risorse pubbliche e di necessità di ricorrere a fondi privati in misura crescente, un colossale conflitto di interessi sempre più spesso vizia la conduzione delle ricerche e la diffusione dei risultati. Magra consolazione, contemporaneamente la facilità di accesso ai dati sembra accrescere la sensibilità verso la correttezza dei ricercatori, che negli ultimi mesi ha portato ad altri casi clamorosi, come la rivelazione della natura fraudolenta degli studi condotti negli anni ottanta sul ruolo dei vaccini per bambini e l'autismo.
Per quanto riguarda il resveratrolo è opportuno ricordare che gli interessi commerciali sono enormi. Nel 2008 la GlaxoSmithKline ha sborsato 720 milioni di dollari per acquisire Sirtris, una piccola company biotech che lavorava sul resveratrolo, salvo poi abbandonare gli studi a causa dei risultati poco entusiasmanti. Un'altra azienda americana di Las Vegas, la Longevinex, dopo avere apertamente sostenuto la bontà dei risultati ottenuti da Dipak Das, invitandolo in trasmissioni televisive dove il resveratrolo veniva presentato come l'aspirina del terzo millennio. Ci sono poi altre aziende che hanno stabilito partnership commerciali con vari centri di ricerca in previsione di un successo commerciale dato per scontato. A coronare il tutto, solo pochi mesi fa Dipak Das è stato insignito di un prestigioso premio da parte dell'International Association of Cardiologists.
La domanda a questo punto sorge spontanea: com’è possibile che nessuno, e in primo luogo le riviste scientifiche, si sia mai accorto di nulla? Con che criterio il comitato scientifico di una rivista, che non dovrebbe tener conto di interessi commerciali, esamina una ricerca? Come valuta i dati? E come enti governativi quali il National Heart, Lung and Blood Institute o il National Institutes of Health attribuiscono i fondi? La questione sta diventando sempre più pressante a causa del moltiplicarsi di casi che hanno coinvolto ricercatori molto stimati, ed è oggetto di un acceso dibattito sulle principali riviste, che stanno cercando di correre ai ripari per salvaguardare la loro credibilità, loro unica forza.
La soluzione sembra lontana perché spesso gli stessi ricercatori non sono del tutto trasparenti sui finanziamenti ricevuti e sui possibili conflitti di interesse. Nello specifico, vale la pena di ricordare che negli ultimi anni, accanto a studi che tendevano a mettere in luce effetti benefici del resveratrolo, altri hanno posto pesantissimi dubbi sugli effetti benefici che, quando presenti, risultano di modesta entità e sono riscontrabili solo a dosi massicce e potenzialmente non prive di effetti collaterali. Ma questi studi, chissà perché, non hanno ricevuto la stessa pubblicità degli altri, e il resveratrolo è diventato la star delle molecole antietà. Fino a quando un altro principio attivo miracoloso non ne prenderà il posto.
http://www.ilfattoalimentare.it/resveratrolo-frode-antiossidanti.html
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