Vaccino anti-malaria: dimezza i neonati malati

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È stata soprannominata la “peste” dell'ultimo ventennio. Stiamo parlando della malaria, una patologia causata da alcuni parassiti veicolati da particolari zanzare, ovvero quelle della specie Anopheles che si trovano sopratutto in America del Sud, Africa e alcune regioni dell'Asia e che provocano febbre alta, ma molto spesso anche la morte. Il soprannome non è stato, evidentemente, dato a caso: l'Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ha stimato che questa patologia è diffusissima, provocando più di 780 mila morti all'anno. Grande giubilo, dunque, per la notizia proveniente da una casa farmaceutica d'oltre manica: i ricercatori si dimostrano in particolar modo entusiasti rispetto ad una serie di test clinici condotti sui neonati, per la cui metà il miracoloso vaccino sembra contrastare il contagio malarico. Il vaccino, chiamato RTS,S, è stato sperimentato dalla casa farmaceutica inglese GSK dopo venticinque anni di ricerche e di sviluppo finanziate anche da alcuni magnati dell'informatica come Bill Gates, con quote record di 200 milioni di dollari in donazioni. I risultati fanno ben sperare: è stato dimostrato che su seimila bambini tra i 5 e i 17 mesi d'età, costantemente monitorati dai ricercatori a distanza di un anno dall'ultimo richiamo, il vaccino proteggerebbe dal rischio di contrarre la malaria e dalle sue forme più acute il 56% e il 47% dei neonati rispetto al campione di controllo. Le stime parlano chiaro: il vaccino risulterebbe efficace per più del 35% dei casi in un monitoraggio medio di un anno, tenendo presente il campione totale di bambini sottoposti ai test che è pari a 15.460 unità. La ricerca, che sarà presto pubblicata sulla prestigiosa rivista di settore “The New England Journal of Medicine”, necessita ancora di effettive valutazioni su campioni più ampii: questo perchè i test clinici antecedenti alla vendita del prezioso vaccino si attestano, per ora, solo al 47% della protezione, di contro al 90% di un farmaco standard. A questo scopo, infatti, gli studiosi continueranno le loro ricerche per ottenere dati meno approssimativi per esempio sulla durata della protezione del vaccino.

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